
Alexa Invrea
Wunderkinder
Personale di pittura di Alexa Invrea
Sono fumetti dipinti queste delicate tele di Alexa Invrea che infilano ferite e sogni cristallizzati in una spuma di madreperla urbana. Fiabe o racconti minimi in cui non sembra avvenire alcunché di narrabile ma che tentano di emergere da una nebbia inquieta e fine per confessare una storia, un’ombra di autobiografia. Partita dalla sperimentazione cromatico-simbolica di acquerelli realizzati secondo il metodo trasmesso dall’antroposofo Rudolf Steiner e approdata, in seguito, a tentativi di rivivere alcune istanze dell’espressionismo tedesco del Novecento, Alexa trova ora la sua cifra esatta in queste brume che profumano di pastelli e gessetti e che sembrano quasi consacrarsi alla decorazione di un libro di novelle per l’infanzia. Eppure l’intento della pittrice non è quello esplicativo di una didascalia figurale a un testo sconosciuto che desidera farsi immagine e forse neppure quello rivelativo di un simbolismo codificato, laico o sacrale, ma è piuttosto l’evocazione aperta, non decisa a priori, di un mondo larvale di pensieri e soliloqui che ci interroga dalle pareti di un acquario lattiginoso. E, in questo, la Invrea non ha abbandonato la funzione sciamanica o psicoterapica del gesto artistico, già intenzionale negli esercizi steineriani o espressionistici. Dietro la cortina di una caligine lievissima ma che ha una traccia d’incanto doloroso, il “poema” segreto della pittrice è percepibile nell’atmosfera che circonda tracce, volti, corpi, voli e gesti, immobilizzati nel liquido amniotico del colore. La visionaria favola muta della pittrice è il gesto pittorico stesso, è la meditazione raccolta prima di agire.

Personale di pittura di Alexa Invrea
Sono fumetti dipinti queste delicate tele di Alexa Invrea che infilano ferite e sogni cristallizzati in una spuma di madreperla urbana. Fiabe o racconti minimi in cui non sembra avvenire alcunché di narrabile ma che tentano di emergere da una nebbia inquieta e fine per confessare una storia, un’ombra di autobiografia. Partita dalla sperimentazione cromatico-simbolica di acquerelli realizzati secondo il metodo trasmesso dall’antroposofo Rudolf Steiner e approdata, in seguito, a tentativi di rivivere alcune istanze dell’espressionismo tedesco del Novecento, Alexa trova ora la sua cifra esatta in queste brume che profumano di pastelli e gessetti e che sembrano quasi consacrarsi alla decorazione di un libro di novelle per l’infanzia. Eppure l’intento della pittrice non è quello esplicativo di una didascalia figurale a un testo sconosciuto che desidera farsi immagine e forse neppure quello rivelativo di un simbolismo codificato, laico o sacrale, ma è piuttosto l’evocazione aperta, non decisa a priori, di un mondo larvale di pensieri e soliloqui che ci interroga dalle pareti di un acquario lattiginoso. E, in questo, la Invrea non ha abbandonato la funzione sciamanica o psicoterapica del gesto artistico, già intenzionale negli esercizi steineriani o espressionistici. Dietro la cortina di una caligine lievissima ma che ha una traccia d’incanto doloroso, il “poema” segreto della pittrice è percepibile nell’atmosfera che circonda tracce, volti, corpi, voli e gesti, immobilizzati nel liquido amniotico del colore. La visionaria favola muta della pittrice è il gesto pittorico stesso, è la meditazione raccolta prima di agire.



LA MAISON ART
Rubrica delle Arti Visive
A cura di Alessandro Giovanardi
Artista: Alexa Invrea
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