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Lo Psicologo Risponde – Quando il riposo diventa difficile…

Quando il riposo diventa difficile…

D – Gentile Dottore, sono un ragazzo di 32 anni e sono autotrasportatore. Il mio lavoro mi piace e mi gratifica ma, ultimamente, faccio fatica a riposare e mi sono accorto che sogno spesso di continuare a guidare il camion. Evidentemente ho accumulato un po’ di stress per via degli orari particolarmente impegnativi, e chiedo qualche consiglio su come potrei gestire al meglio quello che, pian piano, si sta trasformando in un malessere… Non voglio essere costretto a cambiare lavoro!

R – Se è vero che il lavoro nobilita l’uomo è vero anche che Dio il settimo giorno si fermò e disse: “Beh, oggi mi riposo!”, troppo lavoro significa deterioramento dei rapporti sociali e non solo. Passioni, interessi, hobby e altri aspetti importanti per la nostra integrità psicologica vengono quasi annullati. Le ultime parole del nostro lettore sono profetiche, cambiare lavoro non è sicuramente la soluzione migliore, soprattutto se questo è piacevole e gratificante. A volte è più semplice di quanto immaginiamo, infatti se il problema è un carico di lavoro troppo elevato potrebbe bastare rivolgersi al proprio datore di lavoro e cercare assieme di ridisegnare modalità e tempistiche lavorative, o se il nostro lettore è un lavoratore autonomo potrebbe fermarsi e capire come gestire al meglio le commesse. La cosa è ben diversa se il vero stress non è il lavoro, in alcuni casi la propria attività può diventare una “caverna” dove rifugiarsi e stare al sicuro da altre problematiche, in questo caso bisogna capire cosa ci impedisce di vivere la nostra vita extra-lavorativa in tranquillità, in modo da poter iniziare ad effettuare un percorso che permetta di uscire lentamente da questa “caverna” affrontando e superando i propri problemi.


Il colloquio perfetto
D – Salve, sono un giovane laureato in biologia ed ho già affrontato qualche colloquio per cercare di entrare nel mondo del lavoro. L’impressione che ho avuto, finito il colloquio, è quella di aver fatto una buona impressione, ma puntualmente ottengo solo risposte negative. Evidentemente faccio qualcosa di sbagliato… Qualche suggerimento?

R – Esiste il colloquio perfetto? Tecnicamente no, praticamente è il colloquio nel quale decidono che tu sei il candidato ideale. Peccato, a volte anche se qualcuno ha deciso che sei il candidato perfetto la stessa cosa non vale per la persona che deve prendere la decisione finale. Una scienza esatta non esiste, vuoi o no una componente soggettiva nei processi di selezione c’è. Tralasciando la predisposizione del curriculum vitae, bisogna aver ben presente che chi cerca un lavoratore ha un problema da risolvere, perciò la prima cosa da fare é convincere il nostro selezionatore che noi saremo la persona che risolverà quel problema. Perciò è importante leggere bene gli annunci di lavoro per capire qual è il problema dell’azienda e spiegargli che noi abbiamo le capacità per risolverlo. Inoltre è fondamentale conoscere bene la ditta, grazie ad internet e/o alle amicizie si possono reperire informazioni utili, per dimostrare che siamo persone interessate a trovare lavoro in aziende “di un certo tipo”. Tutto ciò è un buon inizio per affrontare un colloquio.


Ospedale: che ansia…
D – Sono un pensionato di 63 anni e un mese fa ho avuto un’ischemia al cuore che mi ha portato, inevitabilmente, ad essere ricoverato in ospedale per una decina di giorni. E’ stato il mio primo ricovero e, per me, alquanto traumatizzante… Ritrovarmi costretto in un letto, senza avere la possibilità di alzarmi, a contatto con persone da cui dipendere completamente mi ha reso piuttosto nervoso e insofferente. Ora sto cambiando stile di vita per far stare meglio il mio cuore, ma il pensiero di stare male nuovamente mi crea molta ansia. Come posso gestire la mia situazione?

R – Non aver mai vissuto l’ospedale in 63 anni e finirci per una patologia importante è sicuramente un’esperienza che lascia il segno. I campanelli di allarme del nostro corpo diventano sensibili a qualsiasi cosa che sentiamo accadere dentro di noi e la paura che il male si ripresenti ci può assillare, ma in fondo potrebbe essere una risposta del tutto naturale. A questo punto sarebbe utile pensare in maniera positiva. Andare per la prima volta in ospedale a 63 anni non è il massimo, ma c’è gente che entra ed esce dall’ospedale più volte e molto prima di questa età. La medicina moderna dà la possibilità di avere uno stile di vita molto buono e i cambiamenti diventeranno un’abitudine, il nostro cervello è attento a ciò che sembra negativo, ma si renderà conto anche dei miglioramenti che ci saranno. Inoltre, conoscere altre persone che hanno avuto questo problema con le quali potersi confrontare sui vissuti psicologici e, infine, approfittare un po’ della situazione, godendo senza pensare ad altro, di tutte le coccole che ci riservano i nostri cari, può essere un buon palliativo per ridurre le nostre ansie.


 Lo Psicologo: che paura!

D – Ciao, sono un ragazzo di 36 anni. Dicono di me che sono una persona molto in gamba e pieno di tante belle qualità, ma io non mi sento affatto così. Spesso cado in momenti di depressione, sia per cause esterne che per problematiche personali legate al mio passato: la mia ragazza, dopo 3 anni – stanca di questa mia situazione, si è vista costretta ad allontanarsi da me ed io sento di soffrire tantissimo per la sua mancanza. La mia famiglia dice che dovrei farmi aiutare e iniziare una terapia da uno specialista, ma io penso che un Medico Psicologo non sia in grado di risolvere il mio problema… Mi sembra di percorrere un tunnel buio in cui non vedo la via d’uscita. Come posso fare?

R – Caro lettore hai ragione! Se pensi che uno Psicologo o uno Psicoterapeuta possa riuscire a risolvere il tuo problema pensi male, infatti l’unico che può trovare una via d’uscita alla tua problematica sei tu! Al contrario i tuoi genitori dicono di farti “aiutare” da uno specialista, che sicuramente non risolverà il tuo problema, ma ti aiuterà, forse, a trovare la strada grazie alla quale uscirai fuori dal tunnel. Pensa di essere in un grande edificio che non conosci nel quale è scoppiato un incendio: un conto è correre senza conoscere l’esatta via di uscita, un conto è trovare una piantina su un muro che ti dice cosa devi fare per essere fuori di lì, seguendo il percorso di fuga ideale, lo specialista potrebbe essere quella piantina. Comunque se il problema è l’autostima e lo psicologo ti sembra un tabù potresti provare anche a frequentare un corso di formazione sul tema.


Rubrica a cura della Redazione in collaborazione con: Dott. Giuseppe Serra – Psicologo


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